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Intimazione di pagamento: cosa succede se non si paga entro i termini

Ricevere un’intimazione di pagamento dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione è un evento che spaventa molti contribuenti. Questo atto non è una semplice comunicazione, ma un vero e proprio sollecito che impone al debitore di versare le somme richieste entro 5 giorni dalla notifica. Trascorso questo termine, l’Ente della riscossione può avviare immediatamente azioni cautelari o esecutive per recuperare il credito.

Capire cos’è un’intimazione di pagamento, quali effetti produce e quali strumenti di difesa sono disponibili è fondamentale per non commettere errori e proteggere il proprio patrimonio.

Cos’è l’intimazione di pagamento

L’intimazione di pagamento è un atto formale emesso dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione nei confronti del debitore. Si tratta di un avviso con cui l’Ente conferma che il debito già iscritto a ruolo (cartelle esattoriali, avvisi di accertamento o di addebito) non è stato saldato, e invita a pagare entro un termine molto breve: 5 giorni dalla notifica.

In sostanza, rappresenta l’ultimo avvertimento prima che si passi alle misure più pesanti della riscossione forzata.

Cosa succede se non si paga entro 5 giorni

Se il contribuente ignora l’intimazione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere senza ulteriori avvisi a:

  • Pignoramento del conto corrente: la banca è obbligata a bloccare le somme presenti e a girarle al creditore fino a copertura del debito.
  • Pignoramento dello stipendio o della pensione: il datore di lavoro o l’INPS trattengono direttamente una quota (generalmente un quinto) e la versano al creditore.
  • Iscrizione di ipoteca sugli immobili: può essere iscritta un’ipoteca a garanzia del debito, anche per somme superiori a 20.000 euro.
  • Fermo amministrativo sui veicoli: impedisce l’utilizzo legittimo del mezzo e ne blocca la circolazione.

Queste azioni sono spesso cumulative: ad esempio, un debitore può trovarsi con conto bloccato e fermo amministrativo nello stesso momento.

Quando l’intimazione può essere impugnata

Non tutte le intimazioni di pagamento sono valide. In diversi casi, infatti, il contribuente può impugnarle davanti al giudice competente e ottenerne l’annullamento. I motivi principali possono essere:

  • Mancata notifica delle cartelle esattoriali precedenti: se il debitore non ha mai ricevuto gli atti da cui origina il debito, l’intimazione è viziata.
  • Debiti prescritti: ogni tributo ha un termine di prescrizione (5 o 10 anni, a seconda dei casi). Se il credito è prescritto, l’intimazione non è dovuta.
  • Errori formali o di motivazione: mancanza di dati essenziali, importi sbagliati, assenza delle informazioni sui ricorsi.
  • Vizi di notifica: errori nella consegna, mancanza di raccomandata informativa o altre irregolarità possono rendere l’atto nullo.

Per questo è importante richiedere all’Agenzia delle Entrate-Riscossione copia delle relate di notifica e controllare con attenzione ogni dettaglio.

Strumenti per difendersi

Oltre al ricorso, ci sono diverse strade percorribili per evitare gli effetti più pesanti di un’intimazione:

  • Rateizzazione: consente di dilazionare il pagamento del debito in più rate, evitando l’avvio delle azioni esecutive.
  • Saldo e stralcio: in alcuni casi è possibile chiudere la posizione pagando solo una parte del dovuto, se il creditore accetta.
  • Rottamazione delle cartelle: le definizioni agevolate permettono di ridurre interessi e sanzioni, bloccando nuove azioni esecutive.
  • Esdebitazione o sovraindebitamento: per chi ha gravi difficoltà economiche, la legge offre procedure che consentono di cancellare i debiti residui.
  • Composizione negoziata della crisi: pensata per le imprese, sospende le procedure esecutive mentre si negozia un piano di risanamento.

La prescrizione e il controllo dei debiti

Uno degli aspetti più importanti è verificare se i debiti richiesti sono ancora validi. Non di rado le intimazioni riguardano somme ormai prescritte, che non possono più essere legalmente pretese. Eccepire la prescrizione può portare all’annullamento dell’atto e alla cancellazione delle somme richieste.

Conclusione

L’intimazione di pagamento è un atto serio e vincolante: se ignorata, apre immediatamente la strada a pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi. Tuttavia, non bisogna farsi prendere dal panico: esistono strumenti per difendersi, verificare la legittimità dell’atto, ridurre gli importi o sospendere le azioni esecutive.

Se hai ricevuto un’intimazione di pagamento, contatta subito Tassorama: analizzeremo la tua posizione, controlleremo la validità dell’atto e individueremo la strategia più efficace per proteggere i tuoi beni e affrontare la crisi fiscale d’impresa con maggiore serenità.